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15 Giugno 2013

Oltre i nostri limiti per far nascere finalmente il Pd

Prima di parlare di regole e modalità si deve ragionare sul populismo antipolitico.

Argomento: Pd
Autore: Antonello Giacomelli
Oltre i nostri limiti per far nascere finalmente il Pd

articolo pubblicato su EuropaQuotidiano

È bene che si apra finalmente un confronto aperto di idee nel Pd e sul Pd anche se i primi contributi non mi sembrano particolarmente convincenti. Ci sarà ovviamente tempo e modo per elaborare in forma collegiale un ragionamento compiuto ma una considerazione, tutta personale, credo possa esser fatta.

Annunciando all’assemblea dei grandi elettori la sua intenzione di dimettersi, Pier Luigi Bersani ammise che il Partito democratico non si era rivelato impermeabile all’antipolitica. Quella constatazione amara veniva dopo le drammatiche vicende legate alla elezione del presidente della repubblica ma anche al termine di un lungo percorso nel quale il gruppo dirigente del partito aveva assunto come problema cruciale il distacco fra elettori e partiti, fra cittadini ed istituzioni e individuato nell’antipolitica, nella demagogia, nel populismo rischi mortali per la democrazia e dunque nemici da combattere. Trovo quindi ora singolare che non si riparta da quelle parole di Bersani, da quella onesta e impietosa presa d’atto che avrebbe, secondo me, dovuto costringere tutti a rileggere criticamente le scelte che hanno caratterizzato l’azione del Pd non solo nazionale negli ultimi due anni di legislatura.

Non ho certezze da imporre né cerini da passare, voglio solo condividere il dubbio che molte delle iniziative assunte (primarie assunte come unico e salvifico criterio politico, delega alle associazioni per le nomine in cda Rai, tagli a indennità e finanziamento,  solo per citare degli esempi) si siano rivelate inidonee a superare in termini di interesse il confine dei militanti.

Avranno forse colto una parte del problema ma sono risultate probabilmente estranee alle reali priorità percepite dai cittadini. Un chiarimento tra noi su questo punto è decisivo non solo per una corretta lettura del passato ma soprattutto per scegliere la direzione di marcia per il futuro. E anche per valutare come ciascuno, soprattutto chi ambisce a ruoli di responsabilità, giudica la fase che stiamo vivendo: non credo, per esser chiaro, che a proposito delle larghe intese possiamo cavarcela ripetendo solo la formula «non è il governo che avremmo voluto». Certo, è così ma non basta.

Questo governo e questa maggioranza sono, nelle condizioni date, una scelta, la scelta politica che abbiamo fatto preferendola, per molti validi motivi, al ritorno alle urne. Ed è una scelta che dobbiamo pienamente assumere, informandola di noi, delle nostre idee, della nostra passione civile vivendola da protagonisti. Consapevoli che risponde all’interesse del paese, che, per me, viene prima di ogni visione ideologica; consapevoli che è soprattutto assunzione piena di responsabilità politica, misura della nostra capacità di rilanciare la politica e le istituzioni non come “centri di costo” ma come luogo decisivo dove, in democrazia, le attese dei cittadini hanno ascolto e ottengono risposte. Dando la sensazione contraria, che cioè noi abbiamo subito passivamente volontà altrui, noi non rendiamo un servizio né alla verità né a noi stessi.

Chi fa così, continua ad ispirare il proprio comportamento al timore del giudizio di una parte ristretta, militante, politicizzata e non alla sintonia con il sentire profondo dell’elettorato e del paese, con le sue reali priorità e con le sue esigenze. Chi fa così confina il Pd  in una nicchia ideologizzata e minoritaria subalterna culturalmente al movimento populista di turno. Questo errore di fondo a mio avviso è quello che ci ha portato a rapportarci più con i sintomi evidenti che con le cause profonde del malessere italiano. Ed a rimanere paradossalmente “contaminati” da quel populismo antipolitico che volevamo contribuire ad estinguere. Ecco, prima di infilarci in contorti dibattiti su regole e modalità, partito liquido e leaderismo, forse dovremmo chiarirci su questo punto, che,a mio avviso, ha direttamente a che fare con la natura del Pd, con la sua vocazione ad essere partito nazionale, con il senso ultimo e vero del suo patto costitutivo.