AreaDem Partito Democratico PD Toscana Nuovi italiani Deputati PD PD al Senato Gruppo PD Toscana Consiglio Regionale Toscana

27 Novembre 2012

Bersani o Renzi? Bersani.

L'editoriale dalla Newsletter di Marina Sereni.

Argomento: Primarie csx
Autore: Marina Sereni
Bersani o Renzi? Bersani.

Il 2 dicembre, negli stessi seggi di domenica scorsa, gli elettori e le elettrici del centrosinistra potranno scegliere il candidato premier della coalizione dei Democratici e Progressisti. Al ballottaggio sono arrivati due esponenti del Pd, diversi per ruolo e profilo politico. Bersani si è presentato da Segretario del Pd, espressione di quello che tutti oggi riconoscono essere come l'unico partito in grado di aggregare attorno a sé forze politiche e sociali diverse su un progetto riformatore e progressista, europeo e italiano. Renzi, da Sindaco di Firenze, ha corso vestendo i panni del "rottamatore", rivendicando una cesura con il passato. Verrebbe da dire che senza il Pd, senza Bersani, senza il passato (recente) Renzi non avrebbe avuto un luogo in cui esprimersi e contendere la leadership. Verrebbe da dire cioè che senza Bersani, che ha guidato il Pd - non da solo - in un periodo particolarmente complesso e turbolento, che ha voluto le primarie con determinazione, che ha ricostruito i confini di una alleanza, questa bella pagina di partecipazione e le chances concrete di vittoria che tutti attribuiscono al centrosinistra non ci sarebbero state. Basterebbe questo per spiegare perché tra Bersani e Renzi credo sia ancora più importante al ballottaggio scegliere il primo. Perché il cammino intrapreso dal Pd, la costruzione paziente di un progetto credibile di cambiamento per l'Italia sono merito principalmente di un gruppo dirigente plurale che Bersani ha guidato fin qui.

Tuttavia credo che in questi giorni si dovrà andare oltre questa motivazione macroscopica e misurarsi con questioni più di merito. Ne cito due che considero prioritarie nel motivare il mio appoggio a Bersani.

La prima riguarda la ricetta sui temi economici e sociali. La piattaforma di Bersani è molto più articolata, è il frutto di anni di opposizione alla destra e si inscrive pienamente nella cultura progressista europea: rispetteremo gli impegni presi in Europa per il risanamento ma ci batteremo per cambiare l'asse delle scelte europee verso la crescita e l'occupazione. Non smantelleremo le riforme di questo anno del Governo Monti ma le correggeremo per risolvere l'enorme problema degli esodati e per contrastare seriamente la precarietà. Cercheremo di riaprire una stagione di riforme condivise da mondo del lavoro e dalle imprese perché se l'Italia vuole vincere la sfida della competitività e dell'innovazione non può che operare per unire le risorse produttive e costruire un nuovo patto sociale. Renzi ha sposato sul lavoro le tesi di Ichino e sulle questioni della crescita non mi sembra abbia espresso idee particolarmente originali rispetto al complesso del Pd. La collocazione di Renzi su posizioni più liberal è non solo legittima ma perfino utile al Pd e al centrosinistra ma non mi sembra possa essere quella che unisce l'insieme della coalizione.

La seconda questione riguarda l'idea del cambiamento. Ho sentito Renzi dire che solo lui incarna l'idea del "voltare pagina". Ma il modo in cui ha declinato questa parola d'ordine sembra fare riferimento più ad una svolta rispetto ad una classe dirigente del centrosinistra che rispetto alla destra che ha governato a lungo nel nostro Paese. Il ricambio della classe dirigente è da tempo in corso nel Pd e Bersani ha più volte dimostrato ciò che intende per "far girare la ruota". Ma oggi in Italia la sfida vera è quella di imboccare con coraggio la strada delle riforme per chiudere definitivamente la lunga stagione del berlusconismo, del populismo, della demagogia. E sono convinta che la discontinuità più forte con il passato, con i vizi e le mancate riforme dell'era Berlusconi, sia oggi rappresentata da Pierluigi Bersani, dall'idea di una politica senza facili promesse, di un riformismo radicale e mite al tempo stesso, di un pragmatismo che non perde la bussola dei valori dell'equità e della solidarietà.